Sono numerose le richieste di chiarimenti pervenute ai professionisti dello Studio Legale Setti & Associati in merito alla costituzionalità o meno del c.d. “Green Pass” nonché dell’obbligo vaccinale al vaglio del governo proprio in queste ore.
Sebbene la domanda sia semplice, “possono impedirmi l’accesso ad un locale e/o limitare la mia libertà personale, sulla scorta di un documento che contiene informazioni personali sul mio ciclo vaccinale?”, la risposta non risulta altrettanto semplice, tenteremo quindi di dare una lettura costituzionalmente orientata dei vari interessi in gioco.
Occorre innanzitutto precisare che, da quanto si apprende da fonti ufficiali, il green pass può essere ottenuto in 3 modi differenti (vaccino, tampone negativo e certificato di guarigione da Covid) non è quindi riservato a coloro che hanno completato il ciclo di vaccinazione.
È innegabile, tuttavia, che la vaccinazione costituisca il metodo più utilizzato e comodo per ottenere il detto certificato.
Nel nostro paese è stata data prevalenza ad un sistema di vaccinazione mista ossia si è imposto il vaccino ad alcune categorie professionali (articolo 4 decreto legge convertito nella legge n. 76/2021) lasciando a tutti gli altri la libera scelta sull’effettuare o meno l’inoculazione. La preferenza per questo sistema misto risulta quindi in linea con la posizione dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) secondo cui la vaccinazione non dovrebbe essere obbligatoria in generale se non in circostanze professionali specifiche.
Occorre, tuttavia, rilevare che una simile impostazione potrebbe portare ad un conflitto con l’art. 8 comma 2 della convenzione europea dei diritti dell’uomo laddove il green pass in futuro non dovesse dare sufficienti garanzie di efficacia nella reale prevenzione del contagio e delle ospedalizzazioni, portando quindi ad una grave compressione delle libertà personali medio tempore senza un adeguato beneficio per la salute pubblica.
Focalizzandoci sul rapporto fra Unione Europea e diritto costituzionale italiano, occorre innanzitutto premettere che il nostro ordinamento giuridico si basa su un sistema di gerarchia delle fonti ossia sul fatto che una norma di rango inferiore non può entrare in contrasto con una norma di rango superiore sino a giungere all’apice della piramide dove è collocata la Costituzione quale norma superprimaria.
Prima dell’avvento dell’Unione Europea, la Costituzione Repubblicana era l’unica fonte superprimaria, ad oggi, invece, Costituzione della Repubblica e Direttive e Regolamenti dell’UE coesistono sullo stesso rango stante il recepimento della normativa europea posto in essere dalla stessa costituzione all’art. 10.
In questo contesto di equivalenza fra le due fonti, occorre sottolineare che l’Unione Europea nulla ha opposto in merito alla possibilità, per gli stati membri, di introdurre il vaccino obbligatorio all’interno dei loro territori.
Precisato il quadro generale, possiamo passare ad esaminare il famoso art. 32 della costituzione che, come già spiegato in un precedente articolo, afferma che il diritto alla salute non è solo appartenente al singolo ma va interpretato anche in ottica di tutela generale per la collettività. Proprio su questo principio si incardina l’art. 16 che consente (con il mezzo adeguato, ossia la Legge) di istituire, tra gli altri, limiti alla circolazione per motivi di salute.
Si potrebbe ulteriormente argomentare che una simile scelta sia anche compatibile con il dovere inderogabile di solidarietà sancito dall’art. 2 e che quindi possa avere anche risvolti etici.
Da quanto detto sinora quindi si può pacificamente sostenere che il legislatore ben potrebbe, in questo momento, imporre un obbligo vaccinale e di conseguenza anche un “green pass” senza per questo violare alcuna norma costituzionale o Europea essendo le libertà personali nonché il diritto alla salute previsti dalla stessa fonte.
Sempreché beninteso, il sacrificio di diritti costituzionalmente garantiti, come appunto le varie libertà personali, sia adeguatamente bilanciato e concretamente efficace allo scopo di tutela della salute sia del singolo che pubblica, occorrendo sicuramente una valutazione effettiva dei rischi/benefici di ogni decisione.
È, in ogni caso, compito della Corte Costituzionale e di lei soltanto, valutare e scandire le varie precedenze fra diritti costituzionali di pari rango.
Ed è per questo motivo che, in futuro, la Corte Costituzionale si troverà a pronunciarsi proprio sull’effettiva legittimità della compressione dei diritti personali in favore del diritto alla salute relativamente al periodo di pandemia che stiamo vivendo. E decreterà quindi se i sacrifici che ci vengono imposti ora siano stati concretamente efficaci a superare il periodo di pandemia oppure siano da considerare non conformi al dettato costituzionale.
Avv. Silvia Cocchi
Avv. Paolo Setti
Avv. Sergio Paolo Setti